Con l'ordinanza 26 aprile 2021, n. 11019 la Cassazione condanna compagnia telefonica per l’attività di “recupero del consenso”. Una comunicazione telefonica finalizzata ad ottenere il consenso per fini di marketing, da chi l'abbia precedentemente negato, è essa stessa una "comunicazione commerciale”.
Il Caso nasce da segnalazioni degli utenti che, pur avendo espressamente negato il consenso ad essere contattati telefonicamente per finalità promozionali, nel corso dell'anno 2015 avevano ricevuto telefonate di tal genere da fornitori di servizi che operavano nell'interesse di Telecom, che aveva conservato nei propri data base i dati personali di cinque milioni di ex clienti, una parte dei quali non aveva dato il consenso o lo aveva espressamente negato.
Con provvedimento, in data 22 giugno 2016, il Garante per la Protezione dei dati personali, aveva vietato "l'ulteriore trattamento per finalità di marketing dei dati personali riferiti alle utenze oggetto della campagna "recupero consenso", trattati in assenza di consenso legittimamente manifestato, ai sensi dell'art. 23 e art. 130, comma 3, codice privacy.
Conformità legale
Telecom aveva realizzato una campagna "di contatto", non a caso denominata "recupero consenso", allo scopo di acquisire il consenso per essere contattati per attività di marketing, come dimostrato dal fatto che aveva previsto anche le modalità di contestuale promozione e immediata conclusione dei singoli contratti (lo script fornito ai partners Telecom era così formulato: "Ci piacerebbe acquisire il suo consenso per tenerla aggiornata sulle nostre offerte, oggi più interessanti rispetto a quando lei era nostro cliente. Se è interessato la invitiamo a lasciarci il suo consenso per essere ricontattato da Telecom Italia/TIM (...) la informiamo che, se ci fornirà il consenso, Telecom Italia potrà trattare i suoi dati (inclusi i dati di traffico e di navigazione Internet) individuali e dettagliati per proporle nuove offerte, per vendita diretta, per ricerche di mercato, anche con modalità automatizzate (...) Ci fornisce il suo consenso?").
Avverso questa sentenza Telecom Italia propone ricorso per cassazione, cui resiste il Garante per la protezione dei dati personali. Il ricorrente ha depositato una memoria. La tesi propugnata nel motivo, secondo cui una campagna telefonica per ottenere il consenso per finalità commerciali, da parte di chi tale consenso abbia già negato, non sarebbe riconducibile alla nozione di comunicazione commerciale, non è condivisibile, contrastando con la ratio della normativa di settore.
Ed infatti, una comunicazione telefonica finalizzata ad ottenere il consenso per fini di marketing, da chi l'abbia precedentemente negato, è essa stessa una "comunicazione commerciale".
La finalità della chiamata telefonica è, in effetti, pur sempre quella di effettuare proposte commerciali, a prescindere dal fatto che con la stessa telefonata si effettui o meno anche una vendita di beni o servizi (come possibile ed anche avvenuto in concreto, nulla impedendo al call-center di effettuare immediatamente un'offerta commerciale, senza bisogno di sollecitazioni da parte delle persone contattate).