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Innovazione o rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità delle persone. La vicenda ChatGPT di OpenAI.

Innovazione o rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità delle persone. La vicenda ChatGPT di OpenAI.

Ci troviamo davvero dinanzi ad un bivio?

Come noto il Garante per la protezione dei dati personali ha avviato un’istruttoria nei confronti di OpenAI, la società che gestisce ChatGPT, ordinandole uno stop temporaneo dei trattamenti dei dati personali.

Questo ha reso temporaneamente inaccessibile il servizio dall’Italia Plausi e critiche piovono da parte degli utenti.

E’ di questi giorni la notizia – riportata dal Financial Times - che anche la Germania potrebbe seguire le orme dell'Italia bloccando ChatGPT. E’ quanto dichiarato dal commissario tedesco per la protezione dei dati al quotidiano Handelsblatt in un commento pubblicato lunedì scorso pur non delineando alcun piano in tal senso. Kelber ha detto che la Germania ha chiesto ulteriori informazioni all'Italia sul suo divieto. Anche le autorità di vigilanza sulla privacy di Francia e Irlanda hanno dichiarato di aver contattato l'autorità italiana di regolamentazione dei dati per discutere le proprie conclusioni.

Ora tra chi non condivide la decisone del garante, emerge l’accusa di condannare l’Italia a rinunciare a uno dei più gettonati ritrovati del progresso tecnologico condannando l’Italia a restare fuori dalle rotte del futuro.

Ma è proprio così?

La questione non riguarda nello specifico il provvedimento adottato nei confronti di OpenAI, quanto piuttosto se si ritiene davvero che le innovazioni tecnologiche debbano disporre di uno speciale salvacondotto regolamentare per essere implicitamente autorizzate a agire anche in violazione delle regole vigenti in ragione dei benefici che possono e potranno produrre.

Proviamo ad analizzare le tre contestazioni più rilevanti alla base dell’ordine indirizzato a OpenAI.

Algoritmi

Gli algoritmi di ChatGPT pescano a strascico da Internet miliardi di dati e informazioni, molti dei quali personali senza che ne venga data un adeguata informativa. Questo si traduce nel fatto che non è mai stata offerta all’interessato la possibilità di scegliere se partecipare a questo processo e vedere i propri dati riversati nelle macchine della società o se restarne estranei. E’ pur vero che i dati utilizzati sono stati raccolti da “fonti” pubbliche ma, come è noto, questo non basta a rendere quei dati utilizzabili da chiunque e per qualunque scopo anche perché, banalmente, un dato che fino al 2021 era online, magari inesatto o magari in violazione della nostra privacy e poi è stato corretto o rimosso, oggi potrebbe essere ancora nei server di OpenAI o essere comunque stato utilizzato per addestrare i suoi algoritmi a rispondere alle domande di centinaia di milioni di persone.

Informazioni inesatte

Quando si chiede di formulare un testo relativo a una persona, e ChatGPT dispone – o ritiene di disporre – delle informazioni per farlo, può capitare che associ a quella persona fatti e circostanze che non appartengono alla sua vita e, così facendo, distorce la sua identità personale e il modo in cui chi interroga il servizio percepisce e percepirà quella persona. La stessa società, nei suoi termini d’uso che in pochi hanno letto, metta sull’avviso gli utenti della possibile inesattezza dei contenuti prodotti. Tuttavia quando si associa a una persona una circostanza non veritiera e la si propone a milioni di persone, il più delle volte, il danno è fatto quali che siano le avvertenze che, da qualche parte, si sono date. La manipolazione della realtà e dell’identità di una persona produce lesioni, talvolta anche gravi, della dignità e della libertà.

Minori

L’ultima tra le principali contestazioni sul tavolo, riguarda il trattamento dei dati dei minori. Circostanza che invero non succede solo su ChatGPT. Benché il servizio si presenti riservato a un pubblico di ultratredicenni, poi chiunque dichiari di avere un’età maggiore può usarlo e usandolo consegnare al servizio quantità più o meno rilevanti di dati personali. Non è difficile immaginare quanto possa aprirsi un ragazzino con un sistema conversazionale del quale fa fatica a capire il funzionamento.

Alla luce delle contestazioni sollevate bisogna chiedersi se davvero siamo difronte ad un bivio. Ovvero se far scendere un’intera nazione dal treno del futuro oppure in nome del progresso tecnologico e degli straordinari vantaggi che ci promette dovremmo lasciar correre. 

Magari ha più senso invece, rallentare e provare a orientare il progresso in una direzione che rispetti di più la libertà di autoderminazione del singolo, i suoi diritti e le sue libertà personali e la dignità della persona.

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